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IL CIELO BASSO

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24 maggio
Museo Archeologico di Amelia
IL CIELO BASSO

Un’esplorazione della storica dell’arte Angelika Leik – Munich e Amelia
“Il Cielo Basso” è il titolo dell’ultima opera di Angela DeCristofaro. Esso consiste di un grande trittico dipinto e di due fotografie still life (di natura morta) i cui contenuti sono
discussi in questo saggio. Il lavoro si trova attualmente esposto al Museo Civico di Amelia, nel quadro delle attività della Biennale Umbria Letteraria (23-25 maggio 2024).
Al primo sguardo questa opera di DeCristofaro appare altrettanto enigmatica e originale quanto il suo titolo. Con i suoi elementi astratti e figurativi, l’artista riesce
immediatamente a catturare la nostra attenzione. Appena lo guardiamo, Il Cielo Basso esprime la sua magia e ci invita a seguire l’invito dell’autrice a sondare livelli più profondi
di concetti sui quali possiamo avere riflettuto — ma che abbiamo trovato difficili da esprimere o anche immaginare.
La tavolozza dell’opera è definita in bianco e nero e in nuances di grigio. Nonostante questa economia di colori e una certa “umiltà pittorica”, DeCristofaro riesce a creare un
impressionante trompe l’oeil di perfezione ammirevole. Bianco e nero interagiscono rappresentando un concetto di dualismo e la relazione simbiotica tra oscurità e luminosità. La
forma e le dimensioni del trittico si fondono perfettamente con lo spazio museale di Amelia medievale. L’aspetto piramidale dell’opera si rifà chiaramente a un altare — una delle
forme più alte di espressione mentale, corporea e spirituale dell’arte sacra. Storicamente si è sempre istituita una separazione tra il genere umano e la sfera divina, relegando
l’uomo al di sotto delle entità superiori del Cielo. DeCristofaro ha voluto qui chiederci di considerare se questa distanza smisurata possa essere cambiata per “abbreviare la
distanza tra l’umanità e l’etereo”. Da qui, in contrasto con l’opulenza tradizionale delle pale d’altare, l’artista ha usato pennellate pennellate forti e strutturate (di vernice opaca
a base di lattice) per ottenere toni di grigio calde e sfumate che coprendo ampie superfici dei pannelli, rendono l’effetto di pareti logorate e di antichi spazi, consacrati o no.
Siamo trasportati al di là dell’ambito dell’iconografia sacra fino al portale visivo di una realtà tangibile e comprensibile.
Prima di trattare il tema complessivo dell’opera, consideriamo le singole parti di questo trittico, largo cinque metri. Sulla destra, reso in maniera assai dettagliata, compare un ex
voto: un cuore di argento decorato da pietre, inscritto in un’aureola e pendente da un nastro accuratamente annodato. Un singolo tocco di azzurro nel nastro evoca il celestiale
— una profezia o un desiderio che riconduce al latino Humilis Cielo (Il Cielo Basso): si tratta di attrarre il Cielo verso il basso, o forse di prendere il nostro destino nelle nostre
mani. La parte sinistra del trittico rappresenta un grosso ragno, raffigurato in una postura quasi da supereroe; il ragno si muove verso il centro dell’opera e ci chiede di riflettere
sulla sua complessità e di riconsiderare le sue virtù, nonostante il nostro timore primitivo e i nostri pregiudizi. Il ragno, creatura inquietante temuta come predatrice, ammirato
nella cultura e nell’arte come tessitore creativo e protettore materno, è qui investito del titolo di “Mater Custos”.
Il significato complessivo dei tre pannelli è contenuto nel grande pannello centrale. Sulla base delle proporzioni classiche di un crocefisso, privato della sua figura sacrale,
vediamo il semplice colletto di una camicia bianca appesa a una gruccia, accompagnata dalle parole ” Ex Nihilo Totum Informibus” ( La Totalità si Forma dal Nulla ). Qui un
singolo chiodo al centro di un grande arco sorregge la semplice gruccia alla quale appesa non solo una camicia, ma il suo grande peso simbolico. Nell’Italia del Dopoguerra la
camicia bianca divenne l’uniforme di milioni di membri della classe operaia, un segno del loro orgoglio di appartenere alla società. L’uso del colletto staccabile, come è
rappresentato qui, consentiva un’apparenza dignitosa a persone con pochi mezzi, senza dover acquistare una camicia completa. All’ interno di Il Cielo Basso, questo oggetto
d’orgoglio è situato in una posizione preminente al centro del dipinto e, in ultima analisi, verso la liberazione personale.
In questa epoca di conflitti e divisioni crescenti, l’opera di Angela DeCristofaro ci invita a riconoscere ciò che abbiamo in comune e ci mette in relazione l’uno con l’altro,
attraverso la rappresentazione artistica che unisce mondi apparentemente opposti.

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